NUOVE INCISIONI, DVD



CD
Estrada de Sintra per soprano e sette esecutori - testo di Fernando Pessoa alla cara memoria di Giovanni Morelli
con Sonia Visentin, Ex Novo Ensemble, Mirco De Stefani
Numero di catalogo discografico CRR2601, Rivoalto, Venezia 2016

Descrizione: La macchina della volontà
Affrontare attraverso percorsi indiretti, spiraliformi, labirintici – perché solo così è plausibile – l’interpretazione musicale di Ao volante do Chevrolet pela estrada de Sintra di Fernando Pessoa (Lisbona, 13 giugno 1888 – Lisbona, 30 novembre 1935), è esplorare un mondo fantastico, dove la musica, nel rapportarsi al testo poetico fino a perdersi in esso, rivela la natura irrazionale della propria essenza. La musica è moto invisibile e illusorio dei suoni che in se stessi e nelle proprie ramificazioni e intrecci generano flussi di emozioni. Quando procede a creare sincronie e diacronie tra suoni e parole, la musica si specchia nelle strutture formali ed espressive in cui si costituisce. Movimento equivale a libertà, a espansione incondizionata della volontà di presenza nello spazio e nel tempo. Ma proprio questa asserzione Pessoa mette in dubbio. Dove sta la libertà? Cosa la definisce veramente? Ci appartiene davvero o è solo un’illusione dentro cui attraversiamo il mondo? Lisbona e Sintra sono i punti estremi, geografici e metaforici, di un itinerario ascensionale sospeso tra sogno e realtà, in cui il soggetto, nel suo stesso procedere, mano a mano che si avvicina alla meta avverte il proprio smarrimento, sente perdere ogni sicurezza, ogni certezza di essere sulla giusta direzione. L’agognato traguardo diventa una possibile sconfitta: eppure nessuna idea di svolta, di effettiva rinuncia o inversione di rotta sembra nascere nella mente del guidatore. Il viaggio continua, ma non c’è traccia di un arrivo. Sotto una pallida luce lunare, lungo la strada deserta, la Chevrolet continua a trasportare l’autista verso la città invisibile che lo attende e lo sovrasta. Nessuna voce si sente durante il percorso, solo silenzio e solitudine interrotti dall’apparizione di una modesta dimora sul ciglio della strada. Al suo interno, alla finestra, una giovane donna e un bambino sono gli unici reali spettatori e testimoni di questo passaggio fugace e anonimo, che forse li illude nella felicità delle loro ingenue fantasie. Il viaggio-sogno-vita conduce il guidatore per un cammino che gli è sostanzialmente estraneo. L’auto non gli appartiene, gli è stata prestata. La vita nemmeno gli appartiene, gli è stata anch’essa prestata e dovrà un giorno restituirla. Ogni esperienza onirica nasce negli oscuri e impenetrabili territori dell’inconscio. Il soggetto si illude di essere libero: in verità si muove dentro un involucro a lui assegnato che lo trasporta verso una meta incerta lungo un percorso preordinato. Egli accelera inquieto, svolta, guarda disorientato a destra e a sinistra lungo i campi e la strada deserta. È questa la sua libertà: Sempre esta inquietação sem propósito, sem nexo, sem consequência, / Sempre, sempre, sempre, / Esta angústia excessiva do espírito por coisa nenhuma, / Na estrada de Sintra, ou na estrada do sonho, ou na estrada da vida... Ciò che poteva rappresentare un’idea di libertà, di movimento incondizionato e volontario, si rivela nient’altro che una prigione: O automóvel, que parecia há pouco dar-me liberdade, / É agora uma coisa onde estou fechado, / Que só posso conduzir se nele estiver fechado, / Que só domino se me incluir nele, se ele me incluir a mim… Nessun confine è tracciabile. Dove termina la strada? Dove il sogno si confonde con la realtà? Dove la consapevolezza della psiche si ferma davanti all’inconscio? Esterno e interno si compenetrano inesorabilmente. La luna di mezzanotte confonde ogni cosa sotto un manto indistinto di debole luce notturna, dove qua e là figure, la giovane donna e il bambino, emergono dall’ombra, prendono, per alcuni attimi, consistenza di realtà e suscitano desiderio di amore. E procedendo sulla strada di Sintra – cioè la strada della vita – dentro la macchina del proprio corpo stanco e sconsolato, più ascende alla meta, nell’estremo sforzo di una disperata violenta accelerazione, più il poeta sente venir meno le forze dell’immaginazione, allontanandosi progressivamente dal suo stesso io, dentro la spirale dell’inevitabile Nulla. In questa atmosfera di luce soffusa e di generale instabilità di immagini e movimento, la musica cerca il suo spazio e la sua giustificazione di presenza. L’io narrante, attraverso il canto del soprano, ne guida il percorso lungo il testo poetico, accompagnato dalle polifonie strumentali – a tratte dense, a tratti rarefatte – dei fiati, degli archi, del pianoforte e delle percussioni. Ma su questa strada, anche la musica è costretta a porsi le stesse ineludibili domande. Dove comincia la sua libertà? Dove sono i confini tra suono e parola? Verso quale meta si dirige il vettore spazio-temporale della partitura? Quali illusioni, inquietudini e sogni porta con sé? Quale volontà nasconde infine il procedere spazio-temporale delle parole-suono? Ed è proprio la comparsa dell’idea di volontà a mettere definitivamente in gioco la figura e il pensiero del dedicatario di Estrada de Sintra, Giovanni Morelli (Faenza, 14 maggio 1942 – Venezia, 12 luglio 2011), come necessario antecedente, e altrettanto necessario conseguente, del processo compositivo che ha portato a quest’opera. Un’immagine su tutte suggerisce l’dea di un sottile ma profondo legame tra questa poesia di Pessoa e Giovanni Morelli: è un curioso disegno che il musicologo ha realizzato in quello che è forse il suo libro più geniale e avvincente, Il morbo di Rameau. La nascita della critica musicale (Il Mulino, 1989). Nel settimo e ultimo capitolo del volume è presentata la raffigurazione schematica della cosiddetta “macchina della volontà” ideata dal medico-scienziato Hieronymus David Gaubius (1705-1780), cioè «la rappresentazione simbolica di quella che fra le facoltà «verticali» della mente era, a suo dire, quella deputata ad esistere in forma di centro di controllo della sfera dei rapporti corpo/anima – ovvero dei comportamenti umani più «visibili» ed espressi –: la volontà». Nello schizzo morelliano, tale marchingegno è costituito da un cilindro girevole centrale (“albero della volontà”), attorno al quale ruotano, opportunamente allestiti, due gattini: uno [K1] all’interno di una cassetta, a mezz’aria, bloccato in un’immobilità assoluta, ma trascinato dal movimento circolare e levogiro dell’altro animaletto [K2], “libero” di muoversi, a terra, in un’unica invariabile modalità, per opera di una rigida imbracatura che ne trasmette il movimento rotatorio lungo l’albero di avvitamento. Si tratta, precisa l’Autore, di «due bestie a una dimensione: prive o di spazio o di tempo»: la prima, caratterizzata da una volontà di inibizione del moto, di passività totale, la seconda, caratterizzata dalla volontà di repressione forzata del moto, altrimenti libero di seguire le più scatenate e caotiche pulsioni. K1 e K2 rappresentano quindi due sub-facoltà della volontà: la pulsione ostruttiva e la pulsione distruttiva. La conclusione di Gaubius-Morelli (p. 235) è che l’anima umana ricompone volta per volta e con estrema tenacia un difficile equilibrio: «volere non è solo volere; volere è reprimere significativamente […] e in ordine reciprocamente attivo tanto (A), una primitiva pulsione ostruttiva, quanto (B), una non meno primitiva pulsione marasmatica (entrambe forme e immagini di quel Nulla che precede o segue, nella mote, o nel tempo precedente la nascita, le manifestazioni della qualità di una vita nell’esercizio delle sue facoltà)». Tra l’assoluta immobilità e l’assoluta mancanza di autocontrollo delle pulsioni sta dunque la possibilità di esprimere le normali azioni della vita. In quale dei due gattini morelliani si identifica allora il guidatore della Chevrolet? Con quello sospeso, che avanza represso e bloccato nel suo contenitore mobile o con quello a terra, che procede autonomamente lungo un tragitto circolare preordinato e inesorabile? Mi sembra evidente che Pessoa è in entrambi: chiuso nell’abitacolo dell’auto, inchiodato al volante – oggetto circolare, come del resto le ruote della vettura – il poeta/guidatore conduce o trascina se stesso attraverso un percorso obbligato che lo porta a una meta non voluta e alla quale non può sottrarsi. Egli inibisce sia la volontà di fermarsi che quella di fuggire all’incontro preordinato. È ad un tempo mobile e immobile, trasportato e trasportatore, libero e coatto, volente e nolente, cosciente e incosciente, realista e sognatore, razionale e folle, sincero e fingitore. Nella celebre, emblematica Autopsicografia (datata 1 aprile 1931), Pessoa scriverà: O poeta é um fingidor. Finge tão completamente Que chega a fingir que é dor A dor que deveras sente. E os que lêem o que escreve, Na dor lida sentem bem, Não as duas que ele teve, Mas só a que eles não têm. E assim nas calhas de roda Gira, a entreter a razão, Esse comboio de corda Que se chama coração. Il poeta è un fingitore. / Finge così completamente / che arriva a fingere che è dolore / il dolore che davvero sente. // E quanti leggono ciò che scrive / nel dolore letto sentono bene / non i due che egli sentì / ma solo quello che non gli appartiene. // E così sui binari in tondo / gira, per intrattenere la ragione, / questo trenino a molla / che si chiama cuore. (in: Poesie di Fernando Pessoa, a cura di Antonio Tabucchi e Maria José de Lancastre, Adelphi, p.205). Ecco dunque, nell’ultima quartina di questa poesia, ritornare l’immagine del percorso circolare nel quale il cuore illude la ragione e la tiene a bada, quasi costretta – come i gattini di Morelli-Gaubius e il volante della Chevrolet – a girare e girare senza senso in uno sforzo di auto-annientamento della volontà ai limiti della follia. In questa prospettiva di totale sbandamento della ragione, vinta da un cuore svuotato e insoddisfatto – O meu coração vazio, / O meu coração insatisfeito, / O meu coração mais humano do que eu, mais exato que a vida. –, la musica affronta il testo poetico con gli strumenti del proprio linguaggio, «sopprimendo ogni proprio antecedente ben formato di pensiero o azione intellettuale-verbale-poetica, a tutto vantaggio di una emozionante caligine linguistica, creata apparentemente ex nihilo e tutta-tutta-tutta sensoriale-sensibile-uditiva-cieca-illogica-irresponsabile, ergo musicale» (Giovanni Morelli, Scenari della lontananza. La musica del Novecento fuori di sé, Marsilio, 2003, p. 54). Nel processo interpretativo, le forme musicali, compenetrate dalle parole, si dispongono in uno spazio-tempo che traduce nella partitura e nella sua esecuzione il senso di moto rotatorio che si perde in un traguardo tanto agognato quanto irraggiungibile. Un’uniforme ininterrotta sequenza di 676 battute di 5/4 costituisce l’intera composizione: la divisione irrazionale della battuta evita qualsiasi simmetria e ogni ripetizione periodica di ritmi e sequenze. La spirale dei suoni, compiuto il primo giro al termine del lungo a solo del soprano (battuta 488), si avvita su se stessa, crescendo sulle proprie iniziali strutture e varianti. Da battuta 489 la composizione sembra ricominciare sulle note dell’esordio, per poi proseguire, sfumare e dileguarsi nelle battute finali di archi e percussioni. Incontrai per l’ultima volta Giovanni Morelli a Venezia, in un palco della Fenice, nel dicembre 2010. Nel luglio dell’anno seguente, al termine di un intervento al cuore, il viaggio del medico-filosofo-musicologo dai mille quodlibet si interrompeva. La sua vita si perdeva nel sogno della notte lungo la strada di Sintra, dileguata nella strada futura, nella visione delle persone amate che ancora lo aspettano alla finestra, restituita nella distanza per sempre raggiunta.
Mirco De Stefani, 30 novembre 2015


Elenco brani
I Ao volante do Chevrolet pela estrada de Sintra...
II Vou passar a noite a Sintra por não poder passá-la em Lisboa...
III Maleável aos meus movimentos subconscientes do volante...
IV À esquerda o casebre - sim, o casebre - à beira da estrada...
V À esquerda lá para trás o casebre modesto, mais que modesto...
VI Talvez à rapariga que olhou, ouvindo o motor, pela janela da cozinha...
VII Na estrada de Sintra ao luar, na tristeza, ante os campos e a noite...
VIII Na estrada de Sintra, perto da meia-noite, ao luar, ao volante...

Sonia Visentin, soprano
Ex Novo Ensemble: Daniele Ruggieri, flauto - Davide Teodoro, clarinetto - Carlo Lazari, violino - Mario Paladin, viola - Carlo Teodoro, violoncello - Aldo Orvieto, pianoforte - Dario Savron, percussioni
Mirco De Stefani, direttore


Durata: 45'39''
Dati editore
INDIRIZZO: Campo San Maurizio, San Marco 2603 - 30100 - Venezia - VE - Italia


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