CHI SIAMO
ATTIVITA'
BANCHE DATI
NEWS & INFO
- CIDIM
- Soci
- Musica in rete
- Vincitori di concorsi
- Selezioni e audizioni
- Prime assolute
- Dal vivo in Italia
- Dal vivo nel mondo
- Convegni / Incontri
- Festival e stagioni concertistiche in Italia
- Radio e televisione
- Nuove incisioni, DVD
- Libri e partiture
- Periodici
- Corsi
- Concorsi
- Formazione di base e di nuovo pubblico
- Comunicati e
Rassegna stampa - In Italia e dal mondo
- Festival e stagioni concertistiche nel mondo
COMMUNITY
RASSEGNA STAMPA MUSICALE
La Stampa: Verdi, una musica per l'Italia che verrà
Millecinquantacinque teatri d’opera significa che erano presenti non solo nelle principali città e cittadine, ma quasi in ogni paese: significa che costituivano una rete diffusa dove veniva rappresentata la forma di spettacolo allora più popolare e amata, attraverso la quale era possibile far arrivare al pubblico messaggi chiari, di presa immediata, capaci di coinvolgere. Come capì Giuseppe Mazzini, che nella sua «Filosofia della musica», pubblicata nel 1836, scrive: «Nei teatri d’opera, da Torino a Palermo, da Venezia a Napoli si parla e si canta in italiano». Il concerto di stasera alle 21 al PalaOlimpico ha un titolo diventato allora, e rimasto fino ad ora e chissà per quanto tempo ancora, inequivocabile: «Viva Verdi!». Che voleva dire anzitutto viva la libertà, viva l’indipendenza e poi, anche - scandendo una per una le cinque lettere del cognome - Viva Vittorio Emanuele Re d’Italia. Prima ancora che a Torino, il 17 marzo 1861, il Regno d’Italia venisse proclamato. E alle sinfonie e ai cori tratti dalle opere di Giuseppe Verdi è interamente dedicato il programma diretto da Roberto Abbado con l’orchestra e il coro del Maggio Musicale Fiorentino. I biglietti d’ingresso hanno costi molto contenuti, che è possibile integrare con una donazione a favore delle attività della Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro - Candiolo. «O Signore dal tetto natio», «Patria oppressa», «Si ridesti il Leon di Castiglia», sono episodi durante i quali scattava una perfetta identificazione tra il coro che cantava in scena e il pubblico che ascoltava in sala. Poco importava che quelle vicende riguardassero «I lombardi alla prima Crociata», o le lotte tra scozzesi e inglesi narrate nel «Macbeth», o complicati intrecci e vendette familiari e amori negati come in «Ernani». Quello che arrivava era il desiderio di riscattare il «tetto natio», la «patria oppressa», l’incitamento a «ridestare» l’orgoglio nazionale. Ogni trama, ogni vicenda veniva ricollegata alla situazione di allora, accendendo un cortocircuito che suggerì al critico Massimo Mila l’azzardo di intitolare un suo scritto: «Verdi come il padre». Intendendo padre della patria, come se senza la sua musica fosse stato impossibile trasformare in realtà l’idea dell’Italia. Ma se è impossibile parlare di Risorgimento senza parlare di Verdi, si può parlare di Verdi senza raccontare il Risorgimento, perchè, come accade solo ai veri artisti, la sua musica è figlia di quel tempo, ma è anche capace di oltrepassarne i confini. Ed ecco, con un abile dosaggio di pesi, apparire nel programma «Il Trovatore», «Traviata», «Don Carlos»: qui la musica si avventura dentro passioni assolute e devastanti, che sempre intrecciano assieme vite private e doveri pubblici, capaci spesso di schiacciare anche i sentimenti più generosi. La locandina non lo annuncia, ma si vince facile scommettendo che il bis verrà dedicato al «Va’ pensiero» dal «Nabucco». E chissà se le migliaia di persone che affolleranno le gradinate del PalaOlimpico saranno in grado di cantare anche loro, assieme al coro, quei versi misteriosi eppure appassionanti, evocando «di Sionne le torri atterrate», «l’arpa d’or dei fatidici vati», «quei clivi e quei colli». |