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La popular music in conservatorio: intervista ad Alessandro "Fuxs" Fusaro
Ne parliamo con Alessandro “Fuxs” Fusaro che, assieme al suo compagno di corso Maurizio Emer, nel 2010 è stato il primo “laureato” in Italia nella disciplina, conseguendo il diploma accademico di II livello in popular music al Conservatorio di Trento. Alessandro, chi è che oggi sceglie il percorso di studi della popular music? In questi anni ho potuto vedere che chi sceglie di intraprendere questo percorso spazia dal ragazzo appena uscito dalle scuole superiori fino a persone che già lavorano e con famiglia. Tutti desiderosi di approfondire un percorso nuovo che possa dare la giusta formazione per chi vuole tentare la strada del professionismo e anche per chi desidera migliorare la propria passione che spesso lo accompagna per tutta la vita. Quali sono le modalità di accesso a questi corsi? È necessario avere già una buona pratica strumentale in uno o più strumenti quali la chitarra elettrica, il basso elettrico, la batteria, il canto moderno, le tastiere, il sax o il flauto di stile pop/rock. Poi ovviamente trattandosi di corsi accademici con valore legale equivalenti ai corsi universitari per accedere al I livello è comunque necessario avere il diploma di scuola superiore mentre per accedere al II livello bisogna avere già un titolo di I livello o laurea triennale. Cosa è che si studia oltre a fare pratica sullo strumento suonato? Come tutti i corsi accademici, anche il corso di popular affianca lo studio dello strumento con molte altre materie. Lo studente di conservatorio, anche se studia pop, alla fine del percorso avrà acquisito anche competenze tipiche della musica classica grazie ai vari moduli di teoria e solfeggio, lo studio completo della storia della musica a partire dalle origini, l’approfondimento dell’informatica musicale e l’esperienza delle esercitazioni corali. Oltre ciò rimane sempre la possibilità di personalizzare il proprio piano di studi inserendo materie delle aree jazz, classica, antica o elettronica. Esistono dei collegamenti non indifferenti, che qui è un po’ lungo spiegare, tra la musica classica e la musica popular. Le esercitazioni corali in ambito classico sono ritenute molto importanti soprattutto per esercitarsi all’affiatamento al fare musica insieme e per l’abitudine ad “andare a tempo” assieme. Questo è molto importante quando si fa musica, soprattutto dal vivo. Come si affronta questa tematica nella musica dal vivo “amplificata”? Ormai quasi sempre si va “a click” nel senso che avendo spesso parti molto articolate dal punto di vista ritmico si predilige lo studio delle parti a metronomo. Nelle situazioni dal vivo è solitamente il batterista a suonare con degli appositi auricolari che gli permettono di andare a tempo con il bpm (battito per minuto) già deciso in precedenza. Nello specifico cosa è che assume più importanza tra le materie studiate? Beh ovviamente le materie che assumono maggiore importanza sono le materie definite caratterizzanti; tra queste sicuramente godono di rilievo le ore di strumento principale dove lo studente affronta sia la tecnica che gli esercizi in stile per arrivare ad affrontare tutto un ventaglio di generi musicali nel modo più convincente. È erroneo infatti pensare che la popular music sia solo pop… La popular music nel corso degli anni si è sviluppata in più generi ognuno dei quali con ben determinate caratteristiche e linguaggi tipici da conoscere; un buon esecutore di funky non è detto che sappia suonare altrettanto bene del progressive, dello ska o del pop tradizionale. Per questi motivi diventano fondamentali le ore di lezione di armonia dove gli aspetti armonici e arrangiativi delle canzoni vengono analizzati. Pochi sanno per esempio che la musica di “Se telefonando” di Mina è stata scritta e arrangiata da Ennio Morricone e da questa canzone si possono ricavare aspetti molto interessanti per ciò che riguarda la costruzione e la ricerca timbrica della canzone italiana. Cosa dà “in più” lo studio storico della musica popular? La storia della popular music arricchisce di sicuro il percorso di studi dello studente rendendolo conscio che questa musica ha radici storiche che iniziano ben prima che il mitico Elvis Presley prendesse in mano il microfono; un percorso che spiega partendo da Tin Pan Alley, la mitica zona newyorkese dove si stabilirono dal tardo Ottocento gli editori musicali, come attraverso varie “contaminazioni” musicali siamo arrivati agli anni più vicini a noi. Ma la musica pop è soprattutto musica d’insieme, quelli che qualcuno ancora chiama complessini. Cosa ci dici su questo versante? Per quanto riguarda la musica d’insieme, che è materia curricolare, si possono affrontare gli argomenti più vari come la complessità delle esecuzioni per chitarra elettrica del compositore Steve Reich, il vasto e articolato repertorio di Frank Zappa ma anche rivisitazioni di canzoni che hanno fatto storia come alcune di Lucio Battisti, David Bowie, U2 o Stevie Wonder. Ognuna con occhio, anzi orecchio, di riguardo verso le versioni originali da studiare e assimilare rendendole “proprie”. Studiare popular music in conservatorio fornisce quindi degli obiettivi formativi destinati ad ampliare il proprio bagaglio culturale e affrontare la musica con più sicurezza ed obiettività. E per studiare la composizione di brani originali? Bisogna per prima cosa procedere con lo studio dell’armonia e la sua funzionalità per poi passare ad analizzare i brani che hanno fatto storia. Solo dopo si può cominciare a “buttar giù” delle proprie idee ed elaborarle facendo riferimento agli studi fatti e adoperando scelte che man mano porteranno alla creazione dei brani inediti. Per quanto riguarda te, cosa hai “prodotto” nei tuoi anni di studio popular e quale strada hai intrapreso dopo il diploma? Il mio obiettivo è sempre stato quello di creare della musica che non fosse tutta confinata in un solo genere e per questo ho prodotto canzoni che vanno dal pop classico, al rock elettronico, alla dance ma anche al progressive. I miei brani sono accessibili facendo una semplice ricerca su Google o Youtube scrivendo il mio pseudonimo “Fuxs”, penso che questo sia importante per promuoversi. Ora grazie però anche agli altri diplomi che ho conseguito negli anni (composizione, strumentazione per banda, musica corale e direzione di coro, clarinetto e il diploma di II livello in multimedialità e nuove tecnologie) mi sto dedicando interamente alla produzione e all’arrangiamento sia di brani miei che di altri musicisti. Ci tengo però a ringraziare per questa esperienza il coordinatore del corso di popular music Emilio Galante, i docenti Daniele Carnevali e Mauro Graziani, il relatore di tesi Vittorio Cosma, l’ex direttore del “Bonporti” Cosimo Colazzo e l’attuale direttrice Simonetta Bungaro per l’impegno che hanno avuto e che tuttora hanno nel portare avanti questo nuovo percorso. Quali pensi che siano gli sbocchi lavorativi di un diplomato “laureato” in questa disciplina? Penso che in fondo siano simili a quelli di un diplomato classico nel senso che c’è chi si dedica all’insegnamento, chi si propone come strumentista e chi si dedica al mondo compositivo e all’applicazione come tecnica audio-fonica. Per concludere cosa ti senti di dire a chi ha una decina d’anni meno di te e ha tanta voglia di “fare musica”, magari già “strimpellando” qualche strumento? Gli consiglio in generare di andare oltre il semplice suonare “a orecchio” perché ormai il livello si è innalzato in maniera considerevole ed è sempre maggiormente richiesta una preparazione a tutto tondo che solo con anni di studio e costanza si può raggiungere. Infine, e non meno importante, un’adeguata preparazione va anche per la soddisfazione personale di aver approfondito un genere musicale che si ama. Francesco Palombi 16 gennaio 2013
Mercoledì 16 gennaio 2013
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