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Musica - Maggio 2011 - Rivista di cultura musicale e discografica fondata nel 1977

226, maggio, Zecchini Editore, Varese XXXIII 2011

Descrizione: Restringere e allargare lo sguardo può essere un buon esercizio per gli occhi e un ottimo allenamento per la mente. Anche in ambito musicale, se mettiamo a fuoco prima i gesti del direttore e poi quelli dell'intera orchestra per comprendere la natura della loro interazione. Nella musica naturalmente conta più l'udito della vista; lo memoria dei suoni più dell'ampiezza dello sguardo. Ma anche per un'arte che si dispiega nel tempo la sfida per il fruitore (come per l'esecutore) sta nel tenere in equilibrio la percezione del dettaglio in rapporto all'insieme. È un problema che ci poniamo ogni volta che scriviamo una recensione discografica: il commento serve a mettere a fuoco le caratteristiche di fraseggio che diano un'idea della specificità dell'esecuzione; le stelle servono a giudicare quell'esecuzione nel suo complesso e nel contesto di altre incisioni della stessa composizione e del medesimo interprete. In questo numero abbiamo provato a tener separati i due approcci in articoli dedicati ad alcune delle composizioni più amate di Gustav Mahler, che si spense cinquantenne a Vienna il 18 maggio di cent'anni fa. Per la Prima e la Quarta Sinfonia Riccardo Cassani, basandosi su lunghi anni di ascolti, svolge soprattutto un lavoro di sintesi, indicando subito le incisioni migliori in assoluto (non a caso dirette da maestri mitteleuropei come Fritz Reiner e Rafael Kubelík), ma accogliendo pure una serie di eccellenze alternative che mettano in evidenza con grande coerenza aspetti particolari delle due sinfonie. Roberto Brusotti invece analizza con calma, e con massima attenzione alla partitura, ventuno edizioni dei Rückert-Lieder (con accompagnamenti orchestrali o pianistici), evidenziando soprattutto le diverse soluzioni interpretative offerte ai singoli problemi di fraseggio. E qui – invece di una graduatoria di merito – emerge soprattutto una percezione delle ricche potenzialità espressive della musica stessa a contatto con strumenti e sensibilità diverse. Gli altri compositori che hanno uno spazio di rilievo su questo numero sono Baldassare Galuppi e Marco Enrico Bossi. In entrambi i casi gli autori degli articoli – Alessandro Taverna e Michele Bosio – partono da elementi biografici per parlare di opere che sono oggetto non solo di esecuzioni musicali ma anche di una seria ricerca musicologica. È difficile forse che un ascoltatore riesca ad amare con la stessa intensità tanto Galuppi quanto Bossi, perché ognuno di noi (esecutori e fruitori sono entrambi a loro modo interpreti) tende ad avere una sensibilità più forte per determinati periodi storici a discapito di altri (come dimostra per esempio il percorso professionale di Andrea Macinanti, bossiano perfetto). Ma possiamo davvero gioire per il fatto di non dover più «sottostare a nessun vincolo ideologico» (per dirla con Semyon Bychkov) nello sviluppo del nostro gusto personale. Così lo sguardo inevitabilmente si amplia, anche se le predilezioni individuali legittimamente rimangono. Il 6 aprile i neonati International Classical Music Awards sono stati conferiti a Tampere in Finlandia e alcuni dei vincitori hanno partecipato poi al concerto di gala davanti a un pubblico di 1.600 persone. A pagina 38 troverete le immagini di alcuni dei protagonisti del concerto (eseguito dalla Tampere Philharmonic diretta da Hannu Lintu), tra cui l'ottantasettenne pianista Menahem Pressler, che ha deliziato il pubblico in un Concerto di Mozart, e Esa-Pekka Salonen, che ha diretto una sua composizione, breve ma di bellissimo impatto, intitolata Helix. L'anno prossimo la manifestazione troverà ospitalità a Nantes in Francia, con l'Orchestre Nationale des Pays de la Loire diretta da John Axelrod. Stephen Hastings

Sempre in questo numero recesioni a spettacoli che si son tenuti a Catania, Conegliano, Ferrara, Genova, Lucerna, Milano, Modena, Monte Carlo, Parma, Pisa, Vicenza, Venezia; interviste a Semyon Bychkov e Maurizio Baglini, e la polemica di Giuseppe Pennisi sui teatri di tradizione trascurati.


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