Dish to Disk, to Dash

ORGANICO:

ensemble

PRESENTAZIONE:

L’origine del pezzo è nelle evoluzioni intorno al suono di un piatto sollecitato in vari modi. L’intorno è sia un’interpretazione timbrica, un’orchestrazione di rivestimento, sia un fil rouge dello sviluppo formale: approfondisce il come uno strumento o simbolo elementare e consueto possa, indipendentemente da se stesso, meravigliare, generare movimento, proporre, divenire una sorta di fulcro artistico che si colora in contesti diversi. Vuol anche essere una riflessione sulla differenza tra comporre e costruire: può a volte una composizione contenere e sapere più del suo artista, e una mancanza segnare più di una presenza. Tre le sezioni principali, con proprie velocità o livelli di energia. Su fasce di suoni acutissimi e instabili, ma coerenti e continui nelle qualità, si stagliano, all’inizio, dialoghi, presunti ornamentali: è questo l’inizio di una costruzione, che sceglie di partire dall’alto invece che dalle fondamenta. Una fermata su un ultimo “canto del cigno” del piatto sospeso si trasforma in un nuovo suono: nasce un’altra fase di ascolto, più lento e meditativo. Qui la continuità è nell’uso della stessa tecnica su diversi strumenti, il cui quasi inconsapevole sviluppo incrementa l’energia cinetica che sfoga nell’ultima sezione, più percussiva, ritmica e densa di eventi. Il timbro primigenio del piatto rimane assente per alcuni minuti, ricercato solo dalle varianti del suo “involucro” che ad esso alludono e ne suggeriscono il ricordo. Come gesto finale e istintivo si manifesta una fusione improvvisa, un trillo forte su un piatto appoggiato sul timpano, ma la sua risonanza viene bruscamente interrotta. Con la consonanza e assonanza delle parole, il titolo evoca esattamente il passaggio da Dish ai suoi sinonimi (come il Tam-Tam) allo scatto finale (Dash).