Játék Bandára per orchestra di fiati

ORGANICO:

orchestra di fiati

FORME:

banda

PRESENTAZIONE:

Il titolo è formato da due parole di cui una ungherese, játék, che vuol dire semplicemente suonare/giocare (come in diverse altre lingue, doppio significato estremamente interessante), mentre l'altra è inesistente, è una crasi tra banda e fanfara. Da Mauro Montalbetti, responsabile della stagione Aref in Musica, mi è stato chiesto un pezzo breve ma rutilante, d'impatto, per fanfara. Ora, non volevo limitarmi solo ad ottoni e percussioni, e del resto non volevo utilizzare tutta la banda, poiché mi interessava che il pezzo avesse una compattezza timbrica più dura, aggressiva - mi sembrava che le sezioni dei legni (flauti, oboi e fagotti, esclusi i clarinetti che sono l'ossatura di una banda, quindi irrinunciabili, e che possiedono comunque una qualità timbrica di grande impatto e che non inficiava la mia concezione originale di "aggressione" sonora) fossero troppo morbide: per cui ho utilizzato un organico che non è né la fanfara di ottoni né la banda completa: donde quindi il termine Bandára. Ma subito questo termine mi ha evocato un'etnia africana (Bambara), quindi ho pensato alle polifonie e polirtmie africane di questa etnia immaginaria, inventata, i Bandára appunto. Quindi il pezzo è un omaggio sia all'Africa - poliritmie e polifonie complesse, inserite in un episodio di concezione minimalista ma con incastri ritmici piuttosto articolati e notevolmente complessi - sia ai ritmi irregolari (2+2+3/8 oppure 2+2+3+2oppure 3+2+2, ecc) tipici della musica balcanica e, nella musica del '900, presenti nelle partiture di Bartók e soprattutto Ligeti, entrambi ungheresi: quindi l'utilizzo di una parola ungherese nel titolo è sorto spontaneamente.