Spray

SOTTOTITOLO:

for recorders ensemble

ORGANICO:

flauto sopranino in Fa, flauto soprano in Do, 3 flauti contralti in Fa, 2 flauti tenori in Do, flauto Peatzold di bassetto in Fa, flauto Peatzold di bassetto in Do, 3 flauti Peatzold contrabbassi in Fa, flauto Peatzold contrabbasso in Do, flauto Peatzold subcontrabbasso in Fa

PRESENTAZIONE:

Il titolo di quest’opera mi è stato suggerito dall’elasticità timbrica degli strumenti a fiato, veri  protagonisti del pezzo.
La chiave di lettura fono-semantica è un vettore di forza comunicativa al nome.
L’onomatopea, e qui si potrebbe discutere a lungo se la parola spray lo sia o meno, conferisce la giusta velocità di pensiero e ne facilità l’ascolto.
Esiste un’affinità tra la pronuncia della parola Spray e la comprensione dell’ immagine da esso scaturito: questa affinità è simbolo di immediatezza.
Come si descrive uno spray? Quale aggettivo usare per identificarlo?
Io non ne ho idea. Ho però voluto provare a dare alla struttura del brano stesso, l’immagine di un getto leggerissimo d’aria compressa, rarefatta. Aria sprigionata da un luogo fisico, riempito di una struttura limpida, chiara, composto da linee sottili, impalpabili, impercettibili, che si mescolano, come elementi chimici, allargano, allungano, stropicciano, accartocciano, per poi rientrare e convergere tutte insieme in quell’unico punto d’origine. Lo stesso getto si allarga, come un respiro, come un mantice e  si assottiglia sempre di più, fino a diventare cortissimo, affannoso, appuntito, violento, ansioso, improvviso.
Spray è anche equilibrio tra spazio e tempo, la mia personale idea del tempo. Esso si increspa proprio in virtù di quella capacità del tempo stesso di svilupparsi, imponendo a colui che compone la fatica di costruirlo, di riempirlo, di inventare e di creare.

Partitura