Solaris

SOTTOTITOLO:

Opera da camera in un atto e diciassette scene per cinque voci, dodici strumenti e nastro magnetico da Solaris di Stanislaw Lem

ORGANICO:

2 soprani, 2 tenori, baritono, ensemble, nastro magnetico

FORME:

Opera da camera

PRESENTAZIONE:

Mito e fantascienza: due facce della stessa medaglia. Si può scoprire una civiltà aliena in un viaggio interstellare come si può ritrovare la tanto vagheggiata Atlantide sulla nostra terra. L’emozione della conoscenza è la stessa. Da qui il mio amore per Wagner. Scrive di lui Thomas Mann: «…ascoltandolo vien fatto di credere che la musica non sia creata per altro, non possa mai porsi altro compito fuorché servire il mito. Sia che ci appaia quale messo di una sfera di purezza, inviato a soccorrere l’innocenza e costretto purtroppo, non essendo salda la fede, a ritornare là donde è venuto, sia che ci riveli nella parola e nel canto l’inizio e la fine del mondo con filosofia cosmogonica e fiabesca…».
Questo il mio pensiero.
Ed ecco Solaris, pianeta costituito totalmente d’acqua. Un oceano vivo, gigante insensibile e fatale, capace nella sua ineluttabile possanza, di scandagliare la psiche degli esseri umani e di materializzare i loro incubi, i loro ricordi, più che altro i loro rimorsi. Nella stazione spaziale si aggirano, si nascondono, presenze inquietanti che portano gli occupanti alle soglie della follia, in una ridda di sentimenti contrastanti e incontrollabili.
La parte elettronica sottolinea l’immanente presenza dell’oceano, mentre gli strumenti rappresentano la parte terrena dei sogni e dei ricordi degli astronauti, costretti a vivere in un piccolo e claustrofobico spazio senza speranza. Ma alla fine, è l’amore a vincere, l’amore, “il più divino fenomeno del mondo”. Enrico Correggia