Il
rinnovarsi e il maturare di una chiarezza; la decisione di farne segno.
Il corpo si interra indistintamente nella solidità delle cose, in una
intimità profonda. Il Canto emerge da questa intimità. La Voce
trattiene ancora, nello spazio quasi disabitato dei suoi accenti, le
tracce del Canto. L’uomo, le cose: stratificazione di esistenze e
legami, luogo instabile di attraversamenti e soste, vivo canto
depositato. L’umanità tradizionale della voce e degli strumenti, ha in
parte accecato quest’oscura profondità
che la precede e la regge; quasi un mezzogiorno senza ombre.
Qui gli strumenti e le Voci (non un mezzo, ma un luogo) sono
chiamati a vibrare in quanto Legno,
Respiro, Metallo, Pelle. La loro identità (ruolo, tecnica, repertorio,
abito storico) non è negata, ma assimilata e oltrepassata. La loro
"maschera", stato stabile di tecnica-cultura tradizionale, viene
sollevata, con innocenza. Poter guardare fisso negli occhi. Urgenza di
una diversa umiltà dell’umano.
Un cammino di scrittura da compiere: la direzione; ciò che ostacola il cammino; l’insistenza.
Pensiero e pratica musicale come domanda: la risposta rallenta e
corrisponde alla profondità e
all’ampiezza di ciò che viene incontro. La possibilità di aprirsi
consapevolmente e senza difese iniziali a una provenienza che chiama,
esporsi e vegliare sul cammino. La via in questione è quella che porta
vicino al Giorno Sacro. Il primo effetto di questa vicinanza è il
cadere delle opposizioni più superficiali (e dell´ideologia che le
nutre). Il lavoro, allora, secondo la prudenza che conosce il rischio di
perdere la via verso il segno, ritrova tutta la necessità e il senso
arcaico della Fondazione (che ha poco a che fare con la fondazione e la
deduzione logica), e la costanza pericolosa dell’insistenza.
Un segno iniziale: stato fondamentale di un vibrare (sonoro o meno) e
di un possibile orizzonte di legami. Un segno-centro (dà la misura,
indirizza un' Orientatio, apre il luogo iniziale,
raccoglie-attira attorno a sé), e dei segni-centro secondari, in grado
di concentrare una molteplicità, in un ordine e in una gerarchia di
legami (viva e sensata): Kosmos. Non secondo la concezione
geometrico-logica della distanza ma secondo quella religiosa (è vicino
ciò che partecipa del centro e non ciò che è alla minima distanza in uno
spazio-tempo astrattamente uniforme). Il lavoro presso il segno-centro
diviene, ora, il mantenimento di una tensione musicale (dell'esistenza) e
la sua concentrazione in una scrittura.
Il pezzo è quindi solo un polo del lavoro, emergenza-traccia di un
cammino – per uomini in cerca di tracce. L'esperienza musicale della
scrittura e ogni suo (eventuale e provvisorio) compimento in un pezzo
non coincidono. Sono piani di realtà differenti, ognuno ha la sua
dimensione e ampiezza.
Esperienza necessariamente individuale (e non per questo solo
personale o privata) che si raccoglie nella Partitura-Concerto, luogo
pubblico. Qui un ulteriore (ri-producente) ascolto individuale può
accadere: ogni volta sarà una riscrittura a propria misura, fare che
dialoga (interroga) un già fatto.
La capacità di un pezzo di emergere e rinviare all’esperienza da cui
proviene (e di offrire spazio ad una ulteriore scrittura) resta in ogni
momento problematica: domanda-tensione vitale, esercizio quotidiano. Il
musicale come genere (e le sue distinzioni interne) non viene
presupposto: diventa domanda e possibilità. Il respiro di una Cosa:
spazio-canto della sua provenienza.
Al centro del lavoro trova posto difficilmente la musica ancora
pensata come linguaggio e mezzo di comunicazione (artistico o meno).
Soprattutto perché il grande foglio non ha pentagramma: foglio-cielo,
foglio-corpo, foglio-bocca, ...
Cresce uno spazio di risonanza che poggia su un silenzio iniziale. In
questa luce-attenzione, non solo una vibrazione, ma anche un numero o
una proporzione, è vivo e pieno di senso: un interpretante. E come tale
trova o non trova il luogo possibile in cui respirare e operare.
In *AN (APSU, A.AN, KRAAN KE.AN, AN.NA, ME.A.AN) l’esperienza di scrittura a cui si rinvia prende vita consapevolmente da un silenzio iniziale della Voce. Una diversa Necessità, Urgenza e Rigore della pratica.
*AN (Cielo), segno di stella, è il richiamo a lasciarsi attraversare
dalla (propria) provenienza, dopo averle fatto spazio e vegliando,
accettata in ogni caso, come ricchezza della esistenza e motivo di
ringraziamento. Del senso di questa scelta-domanda ognuno può meditare.
Ampiezza, Profondità, Instabilità, dimensioni verso le quali
l’ascolto può riprendere ad indirizzarsi. La distanza fra un Sol ed un
La, qui, non è né fissa né unica, anzi: è la domanda. E' in questo
scarto che comincia a nascere un’ulteriore possibilità della Risonanza (che apre la porta alla Simpatia e al Vibrare interpretativo della memoria).
Respiro.
Esperienza difficile e lentissima, lavoro quotidiano che può cominciare solo dal secondo ascolto.
Qui siamo alla soglia. Il senso individuale di un lavoro è fatto di
riflessi individuali. Il senso pubblico di un lavoro si misura dalle
conseguenze che produce ( soprattutto quelle meno appariscenti e meno
immediate e perciò destinate probabilmente a durare) e dalla capacità di
fare oscillare il punto di equilibrio del già ascoltato. Proprio questo
senso pubblico è ciò che, chi scrive, non è quasi mai in grado di
misurare.
Pierluigi Billone: dal suo sito