Domenica 01 luglio 2012 -
D'accordo, il Don Giovanni che venerdì scorso ha inaugurato la stagione estiva dell'Arena di Verona ha guadagnato un primato: mai opera di Mozart, né questa né altre, era stata data nel gran catino romano. Bene per i 14mila che l'hanno incontrata, qualcuno certamente per la prima volta, visti gli applausi fuori tempo e il fuggi fuggi generale dopo la scena del libertino «inglutito» tra le fiamme, prima del Sestetto finale. Ma le prodezze del seduttore in Arena si sono guadagnate anche un altro titolo di merito: quello del dongiovannismo di maggior durata. L'opera è finita infatti quasi alle due di notte... bisogna dire che a quell'ora la concentrazione d'ascolto denunciava qualche contraccolpo. E la resa dei poveri cantanti qualche vistoso calo di resistenza. Se la gloriosa storia degli spettacoli all'aperto, se la grande invenzione del teatro per le masse vuole approdare a qualche allargamento del repertorio, in vista del centenario dell'opera in Arena (giusto l'anno venturo, 2013, in concomitanza col bicentenario della nascita di Verdi) non ci sembra che il barocco o il teatro classico possano rappresentare dei lidi idonei all'approdo. Il clavicembalo... suonava talmente lontano dalla filologia che a quel punto, forse, tanto valeva optare per i tagli più o meno radicali, come nelle registrazioni del primo Karajan. Eroiche con lo strumento anche le voci, capeggiate dalla bellissima di Ildebrando D'Arcangelo , Don Giovanni, affiancato da un Leporello di taglio inedito, con Bruno de Simone , coerentemente più vicino al mondo dell'opera buffa napoletana, che era quello a cui Mozart e Da Ponte si ispiravano... Discreto il fronte femminile, con la sorpresa di Carmen Giannattasio nel ruolo di donna Elvira, partita molto bene con le colorature, ma... A fine spettacolo, atteso e festeggiato più di tutti, compariva in scena su una carrozzella Franco Zeffirelli , alzato in piedi per pochi minuti e abbracciato da tutti i cantanti, e poi teatralmente risieduto. Magnetico, col carisma scenico dei grandi. Il suo Don Giovanni illustra la storia della folle giornata con una serie di quadri affollatissimi, di impatto pittorico, enfatizzati da una superba architettura barocca, di un gigantesco portale sivigliano. Ma al di là del fasto, dei costumi preziosi, delle luci cangianti, nei confronti di Mozart, la regia denucia due limiti: non ci porta mai facilmente a identificare il libertino, confuso tra la folla brulicante, e soprattutto non lo lascia mai solo. Nemmeno quando alla finestra canta la sua ultima metafisica Serenata. Don Giovanni è senza meta. Senza possibile tregua. Ma soprattutto Don Giovanni è solo. In teatro, di tutti, il più solo.
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